IL DUCE NON ERA UNA BRAVA PERSONA

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Aldo Cazzullo è mio coetaneo, classe 1966. Nato ad Alba, nelle sue vene scorre puro talento letterario langarolo (da Fenoglio a Pavese, tra quelle colline piemontesi non si scherza), ed è diventato rapidamente uno dei giornalisti prestati alla storia più letti in Italia.

Se scorrete la sua biografia su Wikipedia scoprirete che sono 25 anni che Aldo Cazzullo scrive di saggistica storica e politica. Alcuni sono stati anche successi clamorosi (uno su tutti: La guerra dei nostri nonni. 1915-1918. Storie di uomini, donne, famiglie).

Ho finito di leggere da qualche giorno “Mussolini, il capobanda“. Me lo ha consigliato un caro amico (gli amici sono tali anche per questi motivi), sebbene sia sempre stato un po’ restio a leggere giornalisti che vestono i panni dello storico. Mi sono misurato da poco con il primo volume di Antonio Scurati dedicato al Duce e credevo di avere un quadro d’insieme fatto e finito.

Mi sbagliavo. Il libro di Aldo Cazzullo porta lo sguardo su tutto il ventennio (e qualcosa in più) offrendo al lettore, oltre alla “grande storia”, i tanti, troppi nomi dei martiri antifascisti dei quali abbiamo quasi perso la memoria.

Non solo: entra nel dettaglio della ferocia della repressione politica e della violenza delle squadracce fascista. Si ferma un passo prima dell’inutile eccesso, ma chiama le cose con il loro nome. Il dolore fisico è dolore fisico, la carne che viene dilaniata è solo inutile crudeltà, la donna seviziata è pura perversione. Tutto ciò perchè così voleva il Duce, non perchè c’era in giro qualcuno che eccedeva nello zelo verso il Regime.

Per questo motivo Mussolini è solo e semplicemente un capobanda, per questo ricordare chi si è opposto alla dittatura nella piccola quotidianità, così come in Parlamento (finché è durato) è fondamentale. Per questo, infine, Cazzullo ci ricorda che quasi nessuno ha pagato per essere stato a fianco del capobanda o per essersi macchiato dei delitti, delle torture e degli stupri commessi su indicazione diretta o indiretta del Duce.

Essere antifascisti, vale la pena sottolinearlo con ancora più forza a un secolo di distanza, è necessario. Nulla di ciò che è stato allora deve essere dimenticato o ridimensionato. Anche noi, come i tedeschi, abbiamo avuto il nostro male assoluto. Aveva un nome e un cognome: Benito Mussolini.

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