CALIFORNIA (almost) DREAMING

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Francesco Costa (Catania, 1984) è uno degli astri nascenti del giornalismo italiano, per quanto mi riguarda è il Numero 1. Perchè? Abbonatevi a ilPost.it e lo scoprirete. Da mesi faccio colazione a cereali e “Morning”, il suo podcast quotidiano che, dal lunedì al venerdì’, alle ore 8 si presenta sul mio smartphone sotto forma di notifica. Venticinque minuti che definire rassegna stampa è troppo poco. L’unica definizione che riesco a dare è: irrinunciabile.

Se vuoi provare a capire qualcosa delle cose che ti capitano attorno, tutto ciò che devi fare è ascoltare “Morning“.

Il giornalismo è quasi morto. Se non lo è ancora è perchè in giro c’è qualche Francesco Costa che si ostina a coniugare deontologia, professionalità, modernità e dedizione al lavoro.

Il 22 settembre per Mondadori è uscito “California, la fine del sogno”, a firma del vice direttore de ilPost.it. Costa ama molto gli Stati Uniti, li studia, li visita, ne parla e scrive spesso.

California” è la lettura che serve per dare un senso al nostro parlare degli USA di oggi. Oltre New York c’è di più, molto di più e Francesco Costa ci porta per mano dentro una delle implosioni sociali più clamorose degli ultimi anni.

Il PIL della California è di circa 2, 7 trilioni di dollari. Se fosse una nazione indipendente sarebbe la quinta economia del pianeta, dietro la Germania. Prima dell’ India.

Eppure il giocattolo perfetto, il luogo nel quale tutti vorrebbero vivere e lavorare, si sta rompendo. E si sta rompendo per un motivo banale: in California non si trovano case nelle quali andare ad abitare. Nemmeno catapecchie, sottoscala, cantine, tuguri.

Il mercato immobiliare è talmente imballato che sono decine di migliaia i lavoratori con un reddito che in Texas li renderebbe felici in una villa con piscina, a dormire in auto.

San Francisco conta quartieri-tendopoli e un’emergenza abitativa diffusa che non ha senso. La California liberale, dei diritti per tutti, dell’inclusione e del politically correct onnipresente, non sa offrire un tetto ai suoi abitanti.

Suona impossibile, invece no. Francesco Costa racconta questo strano, assurdo fenomeno e lo sviscera a fondo, senza dimenticare nulla. C’è una democrazia che si è accartocciata su se stessa e che non trova il bandolo della matassa.

Una storia di cui si parla poco in Italia e che invece ha molto da dire anche noi (da qualche mese il tema abitativo a Milano inizia a fare capolino nella cronaca nostrana).

Un consiglio: “California. La fine di un sogno” è un libro che va letto prima (o dopo) “Nomadland” di Jessica Bruder. Dopo averli letti entrambi penserete alla società statunitense in un modo diverso.