LA SCRITTURA PURA DI MASSIMO

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Non conoscevo Massimo Miro, non ho mai letto nulla di suo, ma ho comprato LA FAGLIA per tre motivi. Prima di tutto perchè mi fido dell’editore, Scritturapura. Poi per il sottotitolo (“II romanzo degli ultimi figli della classe operaia“, sembra fatto su misura per me) e infine per la foto di copertina nella quale in una tv degli anni Settanta campeggia la foto in bianco e nero del presidente Aldo Moro accanto alla Mole Antonelliana.

LA FAGLIA

Dio benedica l’istinto e la capacità residua di lasciarsi andare all’irrazionalità. Grazie a Google ho scoperto che Massimo Miro, classe 1967, è musicista e compositore, ed è stato addirittura finalista del Premio Calvino nel 2001 con “Hanno ucciso John Lennon“.

Soprattutto ho scoperto un libro che vale la pena leggere. La Torino degli Anni di Piombo, se l’hai vissuta, non la puoi raccontare a uno di Vigevano. Non ti capirebbe. Però se proprio devi, allora regalagli LA FAGLIA.

La storia è ambientata nella periferia torinese dove i nomi delle strade hanno i nomi dei fiori, ma i palazzi sono orrendi e odorano di minestrone della mensa.

Il viaggio è a ritroso nel tempo, è un ritorno alle origini, ma senza poesia alcuna. Le amicizie di periferia, le vite di periferia allora si incrociavano con una città dove si sparava un giorno e l’altro pure e dove la classe operaia invece di andare in paradiso (come voleva) stava andando dritta all’inferno senza nemmeno rendersene conto.

E poi c’è la scrittura lieve (pura?) di Massimo: netta e senza fronzoli. Mi ha catturato, fatto rivivere pezzi di passato, permesso di recuperare file nascosti.

Ci sarebbe molto altro da scrivere (per esempio il titolo, che è importante), ma sarebbe togliere spazio al nocciolo della questione: leggete LA FAGLIA.

Quindi grazie a Massimo Miro per avermi fatto questo regalo di memoria e a Scritturapura per l’accuratezza del lavoro editoriale che porta avanti.