KISSINA È SCRITTURAPURA

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La mia intervista alla mitica Kissina.

Un umorismo dal retrogusto amaro: è la cifra di “Madame la Dostoevskaja – Una storia di amore e poesia a Mosca”, l’ultimo romanzo dell’artista internazionale Julia Kissina, nata a Kiev nel 1966. Edito in Italia dalla casa editrice indipendente piemontese Scritturapura, che ha sede tra le colline del Monferrato, il romanzo è ambientato negli anni Ottanta,  “un  decennio che ha cambiato per sempre l’Unione Sovietica e le sorti di tutto il mondo”, come si legge nella quarta di copertina. 

Madame la Dostoevskaja” è un romanzo corale, comico e triste allo stesso tempo, in cui gli ex ragazzi degli anni Ottanta non potranno non immedesimarsi. Il romanzo narra  le peripezie della giovane Elefantina, fresca di scuola d’arte a Kiev, si innamora perdutamente del poeta avanguardista Guru Pomidor e lo segue a Mosca. 


 “Bruno Schulz, David Foster Wallace, Carlo Levi, questi gli scrittori che mi hanno formato”, mi confida Kissina, che parla perfettamente italiano, e vive tra Berlino e New York.

Kissina ha studiato scrittura drammatica presso l’Istituto di cinematografia Gerasimov di Mosca, noto anche come VGIK. Rifugiata politica, è emigrata in Germania nel 1990, dove si è successivamente laureata all’Accademia di Belle Arti di Monaco. E oggi vive a Berlino. Membro di lunga data del movimento concettualista di Mosca, Kissina non è molto nota in Italia, ma all’estero è riconosciuta come una delle più note autrici dell’avanguardia letteraria russa. 


Tra le pagine del romanzo si respira un po’ la stessa atmosfera delle opere d’arte e delle foto di Kissina, che sul suo sito si auto definisce “visual and performance artist and writer”.

Non mi sento una fotografa o una disegnatrice oppure una scrittrice. Direi che  sono solo un’artista che lavora su diversi media e registri.  Ritengo che la creatività sia un’occupazione normale per  qualsiasi persona, che si esprime in maniera diversa: c’è chi  prepara il pane, qualcuno calcola i guadagni dai bitcoin e qualcun altro scrive libri”.


Perché ha scelto di ambientare il suo romanzo proprio negli anni Ottanta, nel periodo della Guerra fredda? 
“Negli anni ’80 ero una ventenne. Questo è il periodo più intenso nella vita di una persona, ricca di esperienze felici e allo stesso tempo da incubo”.

A proposito di periodi da incubo, certamente quest’ultimo anno a causa della pandemia da Coronavirus non è stato facile per nessuno. Lei come lo vive?
“Soffro, dormo male e mi irrito.  Certo, lavoro sodo e questo mi salva dalla depressione.  Inoltre, vivo in una città e questo non mi piace affatto.  

Vorrei coltivare la terra e mungere le mucche. Così il mio isolamento sarebbe piacevole. E invece occorre  resistere.  Un giorno arriverà la primavera il coronavirus finira.  Ho ancora un malsano ottimismo.

Top secret il prossimo progetto artistico a cui sta lavorando. “Adesso sto lavorando a testi che, molto probabilmente, nessuno pubblicherà, perché troppo radicali.  Ci sono molti strani eventi e personaggi diversi in essi.  Questi testi violano il concetto generale di moralità.  Forse  è anche disgustoso leggerli.  E in generale, sono per i buongustai che amano il formaggio forte e puzzolento”, ha ironizzato la scrittrice.

Lei vive in Germania. Perché ha lasciato il suo paese?
“Vivo in Germania da molto tempo, perché a prima vista i tedeschi non sono pazzi come i russi ovviamente, questo è solo a prima vista.  Ma qui le relazioni tra le persone sono più formali.  E questo aiuta a mantenere la tranquillità”.