L’articolo è uscito a firma di Loredana Lipperini (classe 1956, storica voce radiofonica di Fahrenheit) il 5 febbraio scorso su lucysullacultura.com, il progetto web creato da Nicola Lagioia. Il titolo è devastante: “Più libri, meno lettori: come muore l’editoria italiana“.
Credo sia l’analisi più lucida e fredda che abbia letto recentemente sullo stato di salute dell’editoria di casa nostra, degli scrittori e dei lettori.
Alcuni passaggi dell’articolo: ” (…) non è tanto il libro in sé, non sono i romanzi a essere a rischio, quanto il mondo che li scrive, li pubblica, li fa circolare.”
I LIBRI NON SI VENDONO
Partiamo da una constatazione: “(…)i libri non si vendono. O meglio, si vendono meno. O meglio ancora, moltissimi dei libri pubblicati ogni anno non vendono affatto. Secondo lo studio presentato a Più Libri Più Liberi dall’Associazione Italiana Editori (sulla base di rilevazioni NielsenIQ-GfK), tra gennaio e ottobre 2024 si sono vendute un milione e 700mila copie in meno rispetto allo stesso periodo del 2023.”
Sono numeri che preoccupano, eppure le avvisaglie c’erano tutte perchè: “A giugno 2023 uno studio Nomisma raggelava gli scrittori con queste cifre: il 30 per cento dei libri pubblicati non vende una copia, o al massimo ne vende una. Fra i libri usciti nell’anno immediatamente precedente nemmeno 35mila hanno raggiunto le 10 copie vendute.”
Il 30% dei libri pubblicati in Italia ogni non vende nemmeno una copia o al massimo una. Come può succedere? La ragione, la spiega bene la Lipperini: ” (…) non si vende soprattutto perché si pubblicano troppi libri (probabilmente nel 2025 sfioreremo i centomila titoli) e nessuno al mondo riuscirebbe a stare dietro a una produzione simile, dove è evidente che la gran parte di quelli pubblicati in un mese è sacrificabile perché non si riesce (e forse non si può) liberarsi dal meccanismo delle rese.”
ABIAMO CREATO UN MOSTRO
In altre parole, abbiamo creato un mostro. Come se fossimo di fronte a una grande bolla finanziaria, retta da equilibri fittizi. Una filiera che vede uscire vincenti solo i distributori, che incassano dai librai il venduto e dagli editori il reso.
E i lettori? “In tutti i discorsi sulla mancata lettura e sulla crisi dell’editoria che si intraprendono in questi giorni, come curiosamente avviene ogni anno a gennaio, manca sempre il discorso sugli stipendi degli italiani. Che sono fermi.” Già, i libri costano e quando il potere d’acquisto invece di aumentare diminuisce è evidente che comperare un libro non è più una priorità. Poi, certo, esistono anche altre ragioni (e la Lipperini le indaga), ma se il portafoglio è vuoto, di cosa parliamo?
SCRITTORI ESORDIENTI
Restano gli scrittori. Loro rimangono stritolati nel meccanismo in crisi, non c’è dubbio, ma a pagare il dazio più alto sono gli esordienti: “Che aumentano anno dopo anno. Gli esordienti sono molto corteggiati e molto raccontati nelle cronache, meno nelle critiche, e a volte invisi ai colleghi più anziani. La diffidenza preventiva, in effetti, aleggia spesso sugli esordienti: come se sui loro libri gravasse la scarsa voglia di innovare. In altre parole, è vero che le case editrici cercano voci nuove: e ci mancherebbe altro, perché quello è il loro mestiere. È vero che il modello del libro di successo ha spesso il suo peso su chi esordisce. Ed è vero anche che, in molti casi, quelle voci nuove vengono rapidamente lasciate da parte se non soddisfano le aspettative di vendita: con poco danno economico, suppongo, perché gli anticipi per un esordio non sono altissimi. Ma è altrettanto vero che resta difficile che ci si accorga del valore di almeno alcune di quelle voci. Soprattutto perché è difficile vederle. C’è un dato interessante che è stato fornito qualche tempo fa: le prime edizioni dei libri sono aumentate del 13,5 per cento, le seconde (e successive) diminuiscono del 18,4. Il che fa dedurre che la vita dei libri si abbrevia ulteriormente.“
UN VICOLO CIECO?
Sembra di trovarsi in un vicolo cieco e anche l’autrice dell’articolo non mi pare lasci spazio all’ottimismo. La sua chiosa è interessante ed è dedicata agli scrittori, senza i quali parleremmo del nulla: “Non ho le soluzioni, evidentemente: se non il suggerimento di continuare a scrivere se si desidera davvero scrivere, senza pensare però che la scrittura sia la scorciatoia per la fama, perché non è così, e questa idea del pubblicare come competizione sarà anche antica, ma ha raggiunto lo stesso livello tossico di ogni altra attività. Vincere è quel che conta, ma non è vero. Forse bisognerebbe tirare il fiato, ricordare che la vita di un libro è imprevedibile, come molti sanno, e scrivere con l’anima in pace.”