Sono andato a fare un giro a Portici di Carta. Edizione numero diciotto. Avevo il cuore pesante, lo confesso. Se avete seguito le cronache di questi ulti giorni, Torino, è stata teatro di numerosi scontri tra manifestanti di varia natura e forze dell’ordine. Il centro città è stato segnato dai confronti più duri e venerdì sera alcuni spazi allestiti per Portici di Carta sono andati distrutti.
Alcuni librai indipendenti hanno deciso di non partecipare; anche qualche editore ha fatto un passo indietro. Motivi organizzativi, certo, ma anche un certo inevitabile sconforto.
Non solo. A causa dei lavori di ristrutturazione in via Roma, che storicamente ospita la manifestazione, Portici di Carta (un centinaio di banchetti tra librerie indipendenti e piccole case editrici) si è tenuta tra via Pietro Micca, piazza Castello e via Po.
Spazi bellissimi, quasi superfluo sottolinearlo, ma avevo una strana sensazione di spaesamento. Via Po e via Pietro Micca sono separate da Piazza Castello, che è una piazza imponente. Mancava continuità. Ho scambiato qualche parola con amici e amiche dietro i banchetti ed ho registrato più perplessità che sorrisi: “Poca gente, poche vendite, clima non diverso dal solito.” Peccato. Spero si tratti solo di uno spaccato parziale e che a consuntivo anche questo Portici di Carta risulti riuscito.
L’incontro che porto casa, quello che ha reso il giro utile, si è svolto in via Po, ma sul lato opposto rispetto a quello occupato dalla manifestazione, all’altezza di via Vasco.
Una ragazza, giovanissima, jeans e maglietta, faccia pulita, nessun segno particolare, era seduta sul marciapiede in compagnia di un cane di taglia decisamente piccola. Stava leggendo un libro. Uno zaino accanto a lei e un cartello “Un’offerta per sostenere il mio Cammino di Santiago“.
Mi sono fermato, le ho lasciato un’obolo, mi ha risposto con un sorriso grande così e un semplice “Grazie“. Mi sono permesso di chiederle se era già in viaggio. “Questa è la mia prima tappa. Sono partita da Cuneo“. L’ho salutata augurandole buon viaggio. Avrei voluto (forse dovuto) fermarmi, chiederle il nome, del libro che stava leggendo, perché avesse deciso di intraprendere il Cammino. Non l’ho fatto e ho fatto male.
Porto comunque a casa il volto di una ragazza di Cuneo che sta facendo qualcosa di straordinario per sé, per il suo futuro e quindi per tutti noi. E lo sta facendo senza sentire il bisogno di menare le mani, ma camminando. Verso Santiago de Compostela. Avendo fatto tappa sotto i portici di via Po.

